Il 13 settembre 2018 al velodromo di Aguascalientes, in Messico, stabilisce al terzo tentativo il record dell’ora femminile con la distanza di 48,007 km, superando di 27 metri la distanza percorsa nel 2016 dalla statunitense Evelyn Stevens. Per questo successo nel 2019 viene insignita del Collare d’oro al merito sportivo del CONI.
Vittoria Bussi
Inizio la telefonata con l’emozione nel cuore, spiegandole il progetto Bike Therapy. Seguo Vittoria personalmente da moltissimi anni, come potrei non farlo, è una donna che porta avanti sogni e sfide di velocità in sella alla sua bicicletta! Quando è riuscita a conquistare il record del mondo di velocità, in Messico, ho seguito ogni minuto della sua sfida, emozionandomi sino alle lacrime. Vittoria è bellissima, bionda, occhi azzurri, con un sorriso eccezionale ed un viso che esprime tutta la purezza di chi ha nel cuore la voglia di lottare per raggiungere il suo obiettivo. Parlo con lei e la sua voce è pulita, chiara e decisa, capisco subito che è una donna con cui un giorno mi piacerebbe bere un bicchiere di vino ed ascoltarla raccontare la storia di ogni sua sfida! Lo sport le ha dato l’opportunità di girare il mondo e quindi approfitto subito per chiederle se ha mai sentito parlare di progetti come il mio, che si occupano dei benefici legati all’uso della bicicletta, di bike therapy. Mi risponde di no, e questo mi rende un po’ felice, perché forse la mia idea può realmente essere innovativa! Mi racconta che comunque all’estero vi è una cultura della bicicletta molto più radicata, profonda e diffusa rispetto all’Italia. Il livello infrastrutturale urbano di paesi come Olanda e Belgio danno immediatamente l’idea di un’attenzione differente alla nostra, che sicuramente esprime al meglio il concetto della bicicletta come terapia e benessere collettivo, rendendolo quotidiano e sottinteso. Dopo questa riflessione entriamo nel merito dell’intervista, ed ecco qui di seguito il botta e risposta fra di noi.
E. – Sei la donna più veloce al mondo, il 13 settembre 2018 hai percorso 48,007 km nella pista di Aguascalientes, in Messico, stabilendo il nuovo record del mondo. Quanto è stato difficile, da donna, arrivare a una così meravigliosa vittoria?
V. – Lo step più difficile è stato quello di cambiare vita, di accettare il fatto che, per preparare un’impresa del genere, non riuscivo più a mantenere entrambe le vite in ballo. Parlo della mia vita da ricercatrice in matematica e della mia vita da atleta. Sono due impegni che richiedono molta energia e molto focus, ed era diventato impossibile gestirle entrambe. Il passo successivo è stato di accettare di doverne lasciare andare una e di convincere chi mi stava intorno che non ero impazzita, ma avevo in mente un obiettivo preciso, un piano preciso. Quando hai queste grandi cose da fare la cosa più difficile è anche portare tutte le persone che hai intorno sulla tua barca e dirgli: “andiamo!”. Devi essere un leader importante, devi crederci e devi convincere anche gli altri a credere in te. Far accettare agli altri il cambio di vita.
Le donne e gli ostacoli nello sport
E. – Collegato alla tua storia, le donne oggi quali ostacoli devono superare rispetto agli uomini?
V.– Dal punto di vista della sessualità, il problema principale è legato agli sponsor: nel mondo dello sport femminile si hanno meno soldi, gli sponsor fanno più fatica ad investire nel mondo femminile. Questo perché? Perché semplicemente c’è meno visibilità. Quindi le Federazioni dovrebbero impegnarsi di più a dare il giusto risalto anche alle gare, alle competizioni, allo sport al femminile. Perché se su Rai1 viene trasmessa la partita di calcio maschile, dovrebbe essere trasmessa in egual modo quella di calcio femminile. Purtroppo quando ci sono meno soldi c’è meno professionalità, perché le persone non lavorano per la gloria. Devono, come è giusto che sia, avere un ritorno economico. Quindi se una squadra non ha soldi per avere uno staff professionale, le cose vengono fatte in modo arrabattato e purtroppo non si va avanti.
E. – Nella tua storia ho letto che hai cambiato vita quando hai perso tuo padre. In quel passaggio di cambiamento, se dovessi pensare a tre parole chiave che hai ripetuto a te stessa per motivarti, e se queste parole le dovessi ripetere alle persone che oggi vivono la tua stessa situazione, quali useresti?
V. – Domanda difficile! Coraggio, quindi non aver paura! Fiducia in se stessi e credere in se stessi! Una parola un pò più dura, però, ed quello che è successo a me, è che un po’ di “egoismo” non guasta mai! Perché a volte noi sacrifichiamo la nostra vita per compiacere la gente che ci sta intorno e poi ci accorgiamo che nella nostra vita c’è qualcosa che non funziona più per noi, e continuiamo a vivere quella vita perché non vogliamo deludere gli altri e come loro sono abituati a vederci. Credo che se noi mettessimo l’Io al centro, in una sorta di egoismo positivo, una sana centralità su noi stessi, allora ci daremmo il giusto valore, gli altri lo riconoscerebbero e lo vedrebbero.
E. – Attraverso Bike Therapy sto sperimentando l’abbinamento della pedalata con altre discipline sportive, come ad esempio lo yoga. Tu abbini al tuo allenamento altre discipline per migliorare la performance?
V. – Quando si è in fase di agonismo, ci si concentra sull’aumento della performance in termini di potenziamento e quindi di esercizi, anche in palestra, finalizzati a questo. Se ti dovessi dire che faccio un’altra attività che mi rende più serena sulla bici, per il momento no, lo vedo come una fase successiva, perché per me è l’allenamento stesso che mi dà quella sorta di terapia. Quando mi alleno, quando sento quella fatica, sto bene. Essendo il mio lavoro, non ho degli stress. Io lavoro sulla bici e mi nutro quotidianamente di questa fatica, faccio allenamenti che alle volte mi logorano, però per me sono l’anima di quello che sto facendo. Sono proprio i miei allenamenti la mia terapia, la fatica, non sono il tipo che si mette a fare stretching.
E. – Vittoria, è molto interessante quello che mi dici, perché è il punto di vista di un’atleta che deve fare competizioni e concentrarsi su quel movimento specifico per potenziarlo.
V. – Si, è una ricerca della perfezione, dell’economia del gesto, si a va a ricercare quelli che sono i marginal game (vantaggi marginali). Molti atleti so che fanno yoga, ad esempio, perché hanno la necessità di stare con il proprio corpo, perché hanno bisogno di rilassarsi dopo che il corpo soffre con gli sforzi. Però per me sono proprio quegli sforzi che mi danno la giusta energia che cerco, ma è solo un mio punto di vista personale.
La bicicletta come scuola di vita
E. – Mi piace mettere a confronto le salite che si affrontano nella vita con le salite che poi si fanno in bicicletta. A te, oltre a pedalare in velodromo per gli allenamenti di velocità e concentrazione, piace anche fare dei lunghi percorsi ed affrontare numerosi dislivelli. Quando si affrontano le salite si instaura un rapporto particolare con il mezzo, con la bicicletta: ti succede di motivarti e motivare anche la bicicletta, per affrontare al meglio queste salite? Che parole usi?
V. – Durante gli sforzi maggiori mi piace cantare! Sono molto stonata ma a me piace tanto! Non sono la tipica cantatrice da Tosca, ecco! Non uso parole specifiche o una canzone specifica, dipende dal mood, dal momento in cui mi trovo, anche dalla musica del momento. Quello è il mio Sanremo! Quando sono in pista, in velodromo, metto le cuffiette ed ascolto la musica!
E. – Se dovessi dare dei consigli ai giovani, alle nuove generazioni, quali consigli daresti?
V. – Dal punto di vista ciclistico, di non fare l’errore che ho fatto io. Di fare molta multidisciplinarietà, saltare dalla mountain bike, al ciclocross, alla pista, alla strada, alla crono, cioè instaurare un feeling con il mezzo che ottieni solo con la multidisciplina. Questa per me è una mancanza tecnica che mi ha fatto pagare tantissimo e mi continua a far pagare tantissimo. A me è mancata tutta quella scuola di ciclismo che si fa da giovani. Un consiglio per la vita è quello, invece, di avere coraggio e di vivere la vita che si vuole vivere, perché ne abbiamo una sola e non dobbiamo mai dare per scontato il domani. Vivere sempre come fosse davvero la nostra ultima occasione per fare qualcosa.
E. – Quali progetti futuri?
V. – A causa della situazione Covid si rischia di far saltare le gare. Noi atleti speriamo di no. Di gare se ne parla dalla primavera in poi, probabilmente si inizierà dalla pista, dal velodromo e poi dalle solite gare italiane, gli europei, i mondiali e tutto il calendario internazionale.
E. – Io ho terminato le mie domande. Tiferò sempre per te e continuerò a raccontare la tua storia quando organizzerò i miei nuovi giri in bicicletta, invitando tutti a cercarti e conoscerti. Sei una donna eccezionale! Tanta fortuna per tutto!
Articolo di Elena Giardina
Articolo anche su Sport Web Sicilia!