Ciao Gabri,
da un po’ di giorni pedalare a Torino è diventato davvero diverso.
Io e te ci siamo conosciuti nel 2011 ed è stata proprio la bicicletta a far incrociare le nostre strade. Sempre energico con la tua voglia di viaggiare, di andare nei paesi del nord Europa per osservarne la mobilità urbana e poi tornare qui a Torino dove, carico di idee, volevi che le strade migliorassero, che diventassero ciclabili.
Abbiamo parlato sempre di tutto: di progetti, di tutela ambientale, ed io condividevo con te la mia visione della società e del rapporto con la Natura Matrigna, i miei studi, condividevo i libri che leggevo e tu le tue visioni e ci ascoltavamo attenti.
In uno dei miei periodi di vita più tumultuosi ho anche vissuto per un po’ di mesi a casa tua, nella piccola stanza accanto alla cucina. Ci ritrovavamo a fine serata in balcone e, seduti al tavolino guardando il tramonto, fantasticavamo su tantissime cose della vita: progetti, amori, amicizie.
Una sera, mentre leggevo chiusa nella cameretta, hai iniziato ad urlare: “Elena, usciamo e andiamo a disegnare biciclette?” Quella sera andammo giù allo studio di tuo padre, prendemmo una scatola di cartone enorme, ritagliammo con il taglierino la sagoma di una bicicletta, come quelle che si disegnano nelle piste ciclabili, afferrammo le nostre biciclette legate nel tuo cortile e andammo a disegnare con i gessetti colorati biciclette dappertutto! Ma puntualmente poi pioveva e il giorno dopo già non c’erano più. Questo è uno dei ricordi più belli e forti che ho di te. Il vero attivismo che cambia le cose, ed io ne ero partecipe. Erano le biciclette e le strade ciclabili che volevi vedere per la tua città, Torino, ed io apprezzavo questa ribellione sana e viva! Quelle bici in strada poi le hai disegnate davvero, oggi ci sono, e lo hai fatto per tutti e tutte noi.
Ricordo che stavamo ore davanti al pc a guardare le web cam delle città, osservavamo le strade di Copenhagen, Göteborg, Dussendorf, Amsterdam e poi anche le montagne per vedere cosa succedeva, per vedere la neve. Mi hai insegnato ad usare Google Heart!
La tua stanza era un casino, piena di cose lanciate a caso e di tecnologia, adoravi le go-pro e fare video.
Quelli erano anni di fermento, oltre a pensare a Bike Pride, a foderare le cargo insieme con le locandine per le parate, io pensavo al mio progetto Bike Therapy. Adoravi la mia idea e mi hai aiutata tantissimo a comprendere come poteva funzionare. Ci credevi. Hai sempre creduto in me. Un giorno hai preso carta e penna e nel tavolino del balcone di casa mi hai detto: “Elena vieni, siedi, ragioniamo, concentriamoci! Tira fuori tutto quello che vorresti, esaminiamo questa Bike Therapy di cui parli e fai davvero una bella cosa! Falla tua!
Quando poi un giorno io dovetti tornare per un lungo periodo a Messina mi dicesti che avevo una casa a Torino e potevo tornare quando volevo, con le biciclette, il balcone dove leggere e progettare. Ci ritornai più volte e forse non ti ringraziai mai abbastanza.
Si. Sei stato la mia casa per un bel pò di tempo, dove potevo ritornare. E questo pensiero di casa che mi avevi regalato mi ha fatto vivere più serena. Sei stato un amico prezioso, capace di essere così fragile, tanto fragile, capace di piangere, arrabbiarti, essere umile, disponibile e sensibile, gentile. Capace di far esplodere una risata contagiosa. Di fare follie. Capace di fare. Di fare tanto. Hai davvero trasformato le cose, come facevamo insieme con i copertoni delle bici che non usavamo più e li trasformavamo in cinture e portachiavi!
Quando ti dissi che aspettavo un bambino eri felicissimo.
Oggi ti dico grazie Gabri per tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme.
Ora vola sereno e libero come quell’aquila gigante che abbiamo visto insieme in montagna.
Elena